Il Coach al tempo del Coronavirus

Quando le abitudini guadagnate e confermate nella propria vita con tanta fatica, si stravolgono, perché qualcuno o qualcosa lo permette, cosa succede dentro e fuori ognuno di noi?
Le famose certezze, il senso di libertà, il tempo, gli spazi, le relazioni, gli affetti, tutto entra in una specie di insieme raggomitolato, dentro un turbinio di pensieri, di emozioni che non si riescono nemmeno più a districare e catalogare.
Come chiamare l’emozione che proviamo quando si nomina LUI, il cosiddetto nemico invisibile.
Perché nulla di quello che ognuno di noi sta vivendo in questo momento, così speciale della storia, assomiglia a qualcosa di già vissuto o ipotizzato, se non attraverso un film o un romanzo profetico.
Qualcuno molto tempo fa ce l’aveva già preannunciato, eppure il cervello, la ragione, il senso del luogo comune, la sottovalutazione, l’arroganza, ha voluto deliberatamente cancellare l’avviso.
Pochi giorni fa nonostante l’evidenza:
Ma no, che allarmismo, quali paure, certo, sarà SOLO come una banale influenza…
Mentre sotto gli occhi di tutti scorrono ancora oggi e ogni momento, in TV, le immagine drammatiche di un nuovo copione, creato da un abile quanto fantasioso sceneggiatore, che mette in evidenza come la morte più di sempre sia inquietante, vicina e possibile, sorprendente.
No, figuriamoci non capiterà ai giovani, solo agli anziani. A chi già è malato.
No… in un’epoca in cui ci sono farmaci e strutture specializzate.
Basta eh.. alcuni ammonivano, non si deve drammatizzare e diffondere il panico.
Igiene, benessere, condizione di agiatezza economica, tutto sembrava, a questi miscredenti, garantire una condizione atta a poter fronteggiare velocemente il nemico virale (molti personaggi politici stranieri hanno anche drammaticamente sottovalutato).
Oggi LUI sembra il protagonista fiero, sebbene invisibile, della sua riuscita epidemiologica: piegare il mondo intero alla propria microbica influenza.
Eppure accade, ormai sotto gli occhi dei più, il massimo di ciò che mai si sarebbe potuto credere, ossia il precipitare di una valanga melmosa e perniciosa che si riversa sul mondo, che ha creato una vera prigione intorno alle nostre case, ha imbrigliato la vita, ha sporcato i tanti sogni, ha limitato il senso di libertà individuale.
State a casa! E la gente esce invece, ignorando l’ordine perentorio.
Anche le trasgressioni in questo senso, ci avvertono che quando un individuo non può spaziare nei suoi propri bisogni, e circuiti di sempre, – che sia correre, o divertirsi, o uscire, anche fosse senza meta – scatta quel senso di imprescindibile claustrofobia che richiama all’innato desiderio di libertà profonda, che ogni essere umano si è garantito con la sua nascita.
Allora forse la vera lotta sarà puntare a ciò che ci abbiamo guadagnato in tutto questo progetto: i vantaggi che riusciamo almeno a intravedere, in relazione alla cura di sé (tempo a disposizione), della casa, degli affetti, dei propri cari (anche via telefono) del cucire, cucinare, mangiare, aggiustare, lavorare via internet.
Pensare con tanta speranza che tutto avrà una fine e un fine.
Vero! Si potrà dire, quando quello che ho menzionato, accade in una casa, e non in una baracca, quando il cibo c’è, ed è garantito, quando la condizione di salute lo permette, quando il denaro a disposizione non dipende da un’ attività quotidiana e magari in nero, quando non si è soli. E allora sì.
Lo sguardo quindi per chi valorizza il positivo, il potenziale, l’energia che abbiamo, è e sarà, volgere l’attenzione al punto centrale, quello che attiene a ognuno di noi: il garantito di cui usufruiamo oggi e ciascuno nella propria misura.
Poiché non avremo da ora in poi più tanto bisogno di oggetti ma di sentimenti buoni, nemmeno di vestiti ma di parole calde, nemmeno di macchine ma di tempo prezioso, né di vacanze ma di salute, per poter godere, in ogni istante, e credere che ciò che diventa importante sono i giorni, le notti, i tramonti, e le albe che oggi ancora ci vengono concesse.
Una possibilità garantita: porsi domande, cercare le risposte, amarsi e amare.
Così.
Come se non ci fosse un domani.
di Grazia Geiger